Come ogni mattina eccomi qui sul tapis roulant per i miei soliti 45 minuti. L'allenamento in palestra prima del lavoro era diventato per me già da qualche anno un rituale da seguire e rispettare soprattutto quando dopo le difficoltà dei primi mesi ho iniziato a vedere il mio corpo cambiare. Le spalle disegnate, l'addome definito e quel sederino marmoreo erano il frutto di tutte quelle giornate iniziate con colazioni a base di pesi e allenamenti cardiotonici.
Non mi erano sfuggiti ultimamente quegli sguardi fulminei ma ammalianti di quel bel ragazzo abbronzato con la barba brizzolata. Vivendo però ancora intrappolata in quella storia con Bruno ho preferito non dare corso alla cosa. Avrei dovuto comunque presto prendere una decisione perchè la scelta di quella convivenza era stata un grosso errore.

Gli specchi non mentono

Lo vedevo riflesso nello specchio che avevo davanti mentre correvo e di lì a poco avrei scoperto anche il suo nome, Michele. Stava in piedi alla macchina dello squat e vedevo tutti i suoi sguardi furtivi sebbene cercassi di evitarli. Ultimamente lo vedevo distratto nei suoi allenamenti ed ero quasi certa di esserne io la causa. Più che sui pesi da sollevare il suo sguardo ricadeva ripetutamente su mio vitino sottile e giù a scendere sulle mie fuseaux completamente madide di sudore che così bene mi si infilavano nel culetto risaltandone tutta la forma e consistenza. La mia presenza lo rendeva eccitato come invece non si dovrebbe essere mentre ci si allena. Sebbene fino a quel momento avessi sempre evitato il suo sguardo dovevo ammettere che la cosa in fondo non mi dispiaceva del tutto..

Mezz'ora più tardi

Tirai la zip del borsone, controllai di avere preso tutto e salutai le altre ragazze prima di uscire dallo spogliatoio con ancora i capelli leggermente bagnati. Appena scesi le scalinate fuori dalla palestra mi sentì chiamare. Quella voce roca mi fece un attimo sussultare ma poi riconobbi subito l'affascinate interlocutore e ne rimasi piacevolmente sorpresa. Mi disse che mi osservava da un po' di tempo in palestra, che non riusciva a non farlo ma che ciò lo distraeva dai suoi allenamenti. Mi propose due alternative. La prima sarebbe stata quella di dividerci i giorni d'allenamento, lui i giorni pari e io i dispari. Lo guardai stranita da quella ridicola richiesta attendendo la seconda alternativa che mi lasciò senza parole ma con un mezzo sorriso compiaciuto sulla faccia. Disse che avrei dovuto seguirlo a casa sua giurandomi che mi avrebbe regalato una tra le migliori scopate della mia vita. Una scopata incancellabile.

Vivi la vita senza pensarci troppo

Le sue mani scendevano sui miei caldi seni con i pollici a strusciarsi sui capezzoli rosei e turgidi mentre la bocca assaporava il mio esile collo. Ansimavo tra la barba ispida sulla pelle e quella lingua irrefrenabile che scendeva sempre più giù, assaggiandomi l'ombelico e arrivando al caldo ventre. Il mio corpo iniziò a sobbalzare dolcemente quando Michele iniziò a muovere la bocca tra le mie gambe, prima dolcemente assaporando ogni centimetro della mia fica completamente glabra e bagnata. Succhiò le piccole labbra, poi mi penetrò con la lingua e infine si spostò sul clitoride già gonfio d'eccitazione. Mi teneva le gambe aperte e sollevate mentre mi fotteva con la bocca avida del mio nettare. Gemevo sempre di più contorcendomi di piacere. Dopo avermi regalato un veloce ed intenso orgasmo orale Michele si spostò sopra di me e mi penetrò. Continuavo a godere mentre e con le unghie mi aggrappavo alla schiena muscolosa di quell'uomo semisconosciuto. Mi girò mettendomi alla pecorina continuando senza sosta a scoparmi. Sentivo quel pene duro come il marmo entrare e uscire dal mio corpo e mi piaceva, mi piaceva tanto. Fu poi il mio turno di stare sopra di lui e di cavalcare quel cazzo mai stanco. Risalivo e riscendevo ininterrottamente facendo sparire tutto dentro di me quel membro vigoroso e perdendo il conto di tutti gli orgasmi avuti fino a quel momento.
Toccò infine a lui quando si tolse da dentro il mio corpo scoppiandomi sul seno annaffiandomi con tutto il suo copioso sperma. Fu quando raccogliendone un po' con la punta delle dita e portandomelo alle labbra che Michele capì che quella scopata non sarebbe finita quel giorno. Ma intanto era ora di andare a fare colazione.